Per parlare di Tree of Life bisogna fare due premesse a mio avviso: non è un film “per tutti” e non è neanche un film perfetto. E’ però un film assolutamente da vedere per qualsiasi cinefilo e amante dell’arte in generale, Malick è infatti andato oltre le regole del racconto classico, avvicinandosi ad un risultato paragonabile più forse all’astrazione di 2001 di Kubrick. Un’esperienza prima di essere un film.
Cosa c’entra 2001 Odissea nello spazio con un film incentrato sui ricordi adolescenziali, sulla crisi esistenziale di un top manager di mezza età (il sempre bravo Sean Penn per quanto qui compaia pochino)? C’entra eccome, perché l’approccio di Malick è quello di voler fare (in modo molto forse troppo ambizioso) un film “totale”, che abbracci con una sensibilità rara (per chi sa coglierla ovviamente) l’eterno dubbio sull’origine dell’universo, sul rapporto con gli altri e con l’eventuale entità divina con cui l’uomo da sempre si è confrontato per trovare un senso alle difficoltà più dolorose così come alla bellezza più accecante offerte dalla vita. Attenzione, non parliamo della banalità della “luce in fondo al tunnel” che ci ha proposto quest’anno Eastwood con Hereafter, le riflessioni teologiche qui sono ad un livello molto più profondo, anzi, il film è a mio parere più apprezzabile da una lettura ‘atea’. C’è bisogno di giustificare con l’esistenza di Dio la dolcezza che attraversa pensieri e i comportamenti di un adolescente? O è solo il conforto durante un evento tragico come la morte di un figlio?
Inutile parlare di recitazione, fotografia, musica… la confezione di Tree of Life è perfetta, a patto di entrare in sintonia con la rarefazione dei dialoghi e della narrazione, sarete travolti dalla ricerca estetica che si concretizza nelle sequenze più astratte (da togliere il fiato) così come in quelle più consuete della vita famigliare, la colonna sonora è maestosa e toccante, l’unica possibile per coadiuvare tali riprese e gli attori regalano un realismo incredibile, bambini inclusi.
I difetti sono eventualmente da ricercarsi in una sceneggiatura complessa, coraggiosa che sembra voglia ficcare a forza miliardi di anni in 2 ore (abbondanti) di pellicola, non aspettatevi un film che vi guidi verso la morale “definitiva”, anzi, preparatevi più ad un viaggio interiore che costerà anche un po’ di sforzo (parallelamente a quello che compie Sean Penn), stimolato dalle emozioni che il regista con maestria è riuscito ad evocare anche nelle scene più minimali, un gesto del protagonista da piccolo, uno sguardo della stupenda mamma, la recitazione del Brad Pitt migliore…
Ripeto se non fosse chiaro, da vedere al cinema per il rigore e splendore della fotografia, la fluidità dei movimenti di macchina e per le più belle immagini del nostro mondo (prima e dopo il nostro passaggio) viste sul grande schermo… anzi, qui si, ci vorrebbe un IMAX. UPDATE: Se l’unico modo è vederlo ormai a casa, l’edizione blu-ray è consigliata.
Rating:
Concordo appieno con la tua critica, un film sensoriale, pieno di “effetti speciali” emozionali, puri e naturali. A me ha ricordato tanto, oltre che a 2001, Herzog. Torneró a rivederlo da solo.