Ricordo che in Italia Prometheus al cinema è previsto dal 14 settembre 2012. Suggerimento: Vi sconsiglio se non l’avete già fatto di vedere il trailer, sopratutto quello italiano, troppo pieno di rivelazioni sul film.
Premessa
Ho visto Prometheus in inglese, proiettato su uno schermo IMAX in 3D. Esperienza “mistica” a prescindere che consiglierei a tutti se non fosse che in Italia non ci sono sale IMAX (esclusa quella di Riccione poco utilizzata), ma a noi, si sa, basta il calcio in tv. Avrei voluto scrivere una recensione senza “spoiler” ma rileggendo, per quanto mi fossi sforzato solo di scrivere “riflessioni”, mi sono accorto che è impossibile e quindi avviso chiunque che in questo post possono esserci dettagli sulla storia.
Così parlò Ridley Scott
Prometheus ci pone di fronte ad una stimolante riflessione sulla produzione cinematografica già verificatasi con la nuova trilogia di Star Wars: ovvero quando ci si relaziona con le attese di una base di fan così attenta e fedele all’originale… costretta quindi accettare “come una Bibbia” la visione del regista/creatore qualunque essa sia. Con sicure delusioni tra i più.
E qui si può inserire il primo elemento che contestualizza Prometheus, ovvero un film ad alto budget, che dovrebbe si soddisfare tutti i fan (almeno) del primo Alien e possibilmente creare appeal sulle nuove generazioni mai state “baciate” da un face-hugger.
Ridley Scott deve quindi confrontarsi con se stesso e con un film che ha fatto la storia e ha creato un genere, lo scifi-thriller, un film che ha già “figliato” per almeno tre sequel più due improbabili spin-off dove gli Alien sono usati dai Predators come feroce “allenamento”.
Ritornano quindi situazioni e dinamiche già viste: la “Compagnia” (la Weyland che finanzia la spedizione), l’horror (qui riscontrabile in diversi cliché), l’eroina protagonista, la contaminazione con l’ignoto (eppure elementare nella sua manifestazione riproduttiva “sessuale”), il rapporto tra l’equipaggio; si respira la sensazione di un Alien aggiornato, un Alien 2.0 che per forza di cose si relaziona con la produzione cinematografica di fantascienza dall’80 ad oggi, c’è Mission to Mars per il confronto con i progenitori alieni, Intelligenza Artificiale di Spielberg, Moon o ancora Data di Star Trek per il tema della spersonalizzante alienazione dell’androide David…
Il pretesto per raccontare eventi precedenti, ricongiungendosi alla “quadrilogia” delle avventure spaziali di Ripley, è l’elemento visto in Alien e mai approfondito: lo “space-jockey” nella gigantesca nave a “cornetto”. Strutture dei nostri “antenati” dello spazio (gli “engineers”, nostri creatori?) finalmente svelati, perfetti come statue greche e quindi riconoscibili e riconducibili ad un legame terrestre, ma misteriosamente tanto alieni, l'”incontro ravvicinato” sarà infatti… diciamo breve. Si insinua anche una genealogia più complessa (vedi la spiazzante scena iniziale dove si intravede una nave di altro tipo o forse solo appartenente ad un epoca precedente: i creatori dei… creatori?), si contrappone al claustrofobico Alien mostrando anche spazi immensi, teatro di tempeste di grande impatto visivo. Tutto è primordiale, liquidi pronti a mutare, a contaminare ciò che forse già avevano contribuito a creare milioni di anni prima o che aspettavano solo la giusta combinazione di corpi “ospiti”… il tema della creazione è centrale intorno al quale ruota anche la fede della protagonista (che invece non può “procreare”…).
Sublimare la mancanza del Tenente Ripley e Bishop
Come spesso è successo nei film più famosi e seriali, l’attore protagonista si identifica in modo quasi indissolubile con la saga, il Tenente Ripley (Sigourney Weaver) ha dato ad Alien tutto (e viceversa). Per Prometheus (sempre per tornare alla circolarità e la coerenza con Alien) il protagonista non poteva essere che una donna “credibile”, ecco quindi Noomi Rapace, la dottoressa Shaw, ottima e alle prese con situazioni a dir poco impegnative da un punto di vista della recitazione, una scena soprattutto, la più forte e memorabile di Prometheus se non altro come urto psicologico.
Discorso a parte per Fassbender, che interpreta David. Indimenticabile prova “actor studio” di immedesimazione in un androide con tutte le limitazioni espressive e motorie, ma soprattutto le possibili, paradossali elaborazioni emotive di un essere “perfetto” ma, come suggerisce il magnate Weyland (parlando sotto forma di ologramma), “privo di anima” anche se capace di “vedere” i sogni dell’equipaggio in “ipersonno”. Non voglio rovinare sorprese più di quanto non stia facendo, David però è la chiave di Prometheus, con la sua ricerca per avvicinarsi all’uomo, inevitabile per una mente così simile anzi superiore alla nostra, sarà molto probabilmente (è una mia lettura personale) la causa scatenante dell’Alien che noi conosciamo. Geniale, no? L’uomo riesce a ricreare un suo simile sintetico a cui manca solo la riproduzione, e lo stesso desiderio di ricreare (castrato per forza di cose) lo renderà prima o poi schiavo di questa paranoia…? E ancora, David è l’unico a comprendere lingue aliene apprendendole sul momento e rimanendone affascinato o era già “programmato” dalla Weyland per questa missione?
Nello spazio nessuno può sentirti dire: “che brutto film! non si capisce nulla!”
Non è diretto e “lineare” come il primo Alien, non è azione e suspance come ha voluto Cameron per Aliens, Prometheus è un invito (“an invitation” appunto come suggerisce la dottoressa Shaw parlando delle incisioni terrestri del sistema stellare) a stravolgere le (nostre) certezze. Con tutti i limiti di una sceneggiatura che voleva/doveva “per forza” essere grande, ambiziosa, l’energia di Prometheus è nel coraggio di Scott di andare oltre un semplice “prequel”, mettendosi in discussione, mostrandoci si una nascita dell’Alien (o un suo progenitore), ma che non è quello che ci aspettavamo, un Alien non totalmente alieno, ma appendice di un’appendice dell’umanità e della sua eterna curiosità e inarrestabile progresso. Guardando indietro (alle nostre origini?) insomma c’è molto di più di un “semplice” alieno cattivo.
Film riuscito? Non riuscito? Se da un punto di vista tecnico Prometheus ha la capacità di immergere potentemente lo spettatore “vergine” in un possibile, futuro viaggio spaziale alla ricerca dell’origine dell’umanità (o forse è già accaduto tutto?), i fan sfegatati possono trovare incongruenze e lamentarsi di “buchi” nel racconto in contrasto con la storia “conosciuta” di Alien. Personalmente trovo la soluzione di Scott (e di Lindelof, sceneggiatore tra l’altro di LOST) stimolante per chi può aprire la mente, mettere da parte la voglia di criticare “sempre e comunque” negativamente un’opera e accettare invece che se ti spingi nello spazio più profondo non necessariamente le regole e la logica di ciò con cui ci si troverà a confrontarsi sono “terrestri”, consuete e banalmente “hollywoodiane”… dimenticavo, c’è (molto) spazio per un seguito visto che in un certo senso Prometheus non ha “fine”, questa invece si, è proprio dinamica da Hollywood, ma non vedo l’ora. UPDATE: L’edizione blu-ray in 3D è davvero ben fatta, acquistala qui.
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