Premetto di non sapere nulla della graphic novel a cui è ispirato. La Vita di Adele per me è stato entrare per circa tre ore in un’altra vita appunto, come avviene per il lettore nel libro che Adele deve leggere per la scuola La vita di Marianna (meta-arte). La delicatezza dei turbamenti sentimentali prima adolescenziali e poi più maturi della bella Adele, che ha lo stupore e la luce di una ninfa. Una storia d’amore, la più intensa mai girata forse, ma anche molto di più.
Colpisce la bravura incredibile delle attrici con questa recitazione naturale, penetrante, che può essere frutto solo di un lungo snervante lavoro e che ha permesso al regista di farci vivere tutti gli stati d’animo della protagonista: la telecamera quasi sempre a spalla segue con primi piani insistenti, costanti, lunghi il viso “lolitiano” di Adele con cui infatti noi spettatori condividiamo tutto: espressioni, sonno, cibo, baci, lacrime e… muco. L’essenziale quindi dell’essere umano, l’angoscia dell’adolescenza, l’imbarazzo di una cena, dialogare con un ragazzo sull’autobus, la sensibilità di Adele nell’insegnamento ai bambini, tutto è dolcemente palpabile.
Le scene di sesso (il film è vietato ai minori di 14 anni ed è forse “il miglior porno mai realizzato”) sono sicuramente una “novità” quantomeno con questo grado di realismo, si percepisce con ottimi risultati l’obiettivo del regista: la credibilità; poi si può dibattere all’infinito sulla necessità di andare così “oltre” se per narrazione, arte e (anche) per… marketing.
Il film mi è sembrato volutamente decontestualizzato cronologicamente, il percorso di Adele, il suo grande amore omosessuale, le esperienze lavorative, sono immersi in un involucro si quotidiano ma, a parte una o due canzoni, non è riconducibile necessariamente a un periodo preciso, non si vede neanche un telefono cellulare o una tv. Le manifestazioni per la scuola, per l’affermazione dei diritti gay potrebbero essere degli anni ’70,’80 così come dell’altro ieri…
Tutto è idealizzato in modo “classico“, si parla di letteratura e pittura, c’è il disegno dal vero, nella scena del museo ovviamente risuona il Concerto per clarinetto in La maggiore di Mozart, e anche la panchina sotto l’albero del “primo incontro” ha la magia di un quadro; perché la storia di Adele vuole essere universale, eterna, ove chiaramente la società sia finalmente evoluta da permettere una storia d’amore di qualsiasi orientamento. Tre ore non sono poche ma sarebbe un peccato perderlo.
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